La tentazione di immaginare può portare
lontano e aiutare a scoprire qualcosa di se stessi. A me è capitato quando ho
pubblicato il mio unico romanzo, L'Orologio Con Le Ali. Intorno a un orologio
militare degli Anni 40, acquistato diverso tempo fa, ho costruito una storia
ambientata tra la Seconda Guerra Mondiale e il presente. Un conoscente mi ha
chiesto quanto c'è di me in quelle pagine. Molto, ho dovuto ammettere. La
passione per gli orologi, ovvio. Ma anche l'interesse per la storia e
l'ammirazione per molti aspetti della tradizione e della cultura britanniche,
dal calcio e dalla musica rock al culto degli eroi, il tutto condito con i
ricordi degli anni di guerra che ascoltavo da mia madre quando ero un bambino. Di
tutto questo ero consapevole, così come ricordavo la foto del 1987 che appare
qui sotto. Scattata davanti a un ingresso di Anfield Road, lo stadio del Liverpool,
dal fotografo inglese con il quale preparavo un reportage per il Guerin
Sportivo.
Sullo sfondo c'è il titolo
della canzone che è diventata l'inno dei tifosi e la colonna sonora, se così
si può definire, del romanzo. Non sono questi i dettagli che mi hanno colpito
quando ho recuperato la foto da una scatola di diapositive. A farmi sobbalzare è stato il bavero della
giacca. Si distingue il papavero di plastica che
Bob, il fotografo, mi aveva appuntato all'occhiello. Probabilmente gli sembrava
inopportuno farsi vedere in giro con qualcuno che, nel mese (novembre) dedicato
ai caduti di guerra, non indossava il tradizionale omaggio collettivo.
Venticinque anni dopo, dedicavo lo scritto più
importante della mia vita ai veterani e ai loro compagni che hanno dato la vita per la nostra libertà, e una vecchia foto me ne spiegava il motivo. A volte il
tempo non è una strada a senso unico.
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