3.12.22

Memories from Dachau

ENGLISH (il testo italiano è in fondo alla pagina)
Part of the interest of old watches frequently lies in the memories they bring with them. In this case, everything is about memory. The two timepieces featured in this post are on display at the Dachau Concentration Camp Memorial Site. Opened in 1933, only a few months after Adolf Hitler took power, Dachau was the first Nazi Germany’s concentration camp. At first it housed political prisoners and later on evolved into a death camp where tens of thousands of Jews, physically and mentally handicapped, homosexuals died from malnutrition, disease and overwork, or were executed.
I took these pictures in the “shunt room”, the place were new inmates were ordered to strip down and hand over their clothing and personal effects. Some of these objects were retrieved and are now on display.


The wristwatch belonged to Albert Frohn, a German driver and mechanic who was arrested for unknown reasons in 1944 and sent to Dachau. He survived the ordeal and was liberated as the American troops entered the camp on April 29, 1945.


The pocket watch belonged to Nikolai Owsjanikov, a Soviet railroad worker who was deported to Germany to perform slave labor. He spent a month in Dachau before being transferred to a nearby subcamp, where preparatory excavation works of a railway tunnel were underway. His fate is unknown.
I must confess that I know nothing about these two watches’ manufacturers and technical features. In fact, these were the last things on my mind while I stood in front of the glass showcase.

ITALIANO
Una parte del fascino degli orologi d’epoca risiede spesso nel ricordi che essi portano con sé. In questo caso, la memoria è tutto. I due segnatempo illustrati in questo post sono esposti presso il Sito della Memoria nel Campo di Concentramento di Dachau. Inaugurato nel 1933, a pochi mesi dall’ascesa di Adolf Hitler al potere, Dachau fu il primo Campo di Concentramento della Germania nazista. In un primo tempo ospitava solo prigionieri politici; poi diventò un campo di sterminio nel quale decine di migliaia di ebrei, disabili fisici e mentali, omosessuali morirono di fame, malattie e sfinimento o furono giustiziati.
Ho scattato queste foto nel “locale di smistamento”, dove i nuovi arrivati erano costretti a spogliarsi e consegnare gli abiti insieme con gli effetti personali. Alcuni di questi oggetti sono stati recuperati e ora fanno parte della mostra.
L’orologio da polso apparteneva ad Albert Frohn, un autista e meccanico tedesco arrestato per ragioni sconosciute nel 1944 e inviato a Dachau. Riuscì a sopravvivere e ritrovò la libertà quando le truppe americane entrarono nel campo il 29 aprile del 1945. L’orologio da tasca era di Nikolai Owsjanikov, un operaio sovietico delle ferrovie deportato in Germania per lavorare. Trascorse un mese a Dachau prima di essere trasferito in un campo vicino, dove erano in corso gli scavi di un tunnel ferroviario. Il suo destino è sconosciuto.
Devo confessare che non so nulla dei fabbricanti e della caratteristiche tecniche dei due orologi. A dire la verità, era a tutt’altro che pensavo mentre mi trovavo davanti alla vetrina.


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